Pubblicato il: 26-8-2025
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Nel novembre del 2028 a Barcellona scadranno le licenze per abitazioni adibite ad affitti turistici. Il sindaco della città Jaume Collboni ha dichiarato che queste non verranno rinnovate. A partire dal 2029, tecnicamente, queste case dovranno essere affittate a uso residenziale. Secondo quanto dichiarato da Collboni, la pratica dell’overtourism sta mettendo in seria difficoltà il diritto alla casa. Gli affitti a Barcellona sono cresciuti in questi anni del 68 per cento. L’accesso a una casa a prezzi abbordabili non può diventare un fattore di disuguaglianza, soprattutto per i giovani, ha dichiarato sempre il sindaco.
In questi ultimi anni il tema dell’overtourism, soprattutto in Europa, è diventato di fondamentale importanza. Vari governi europei, a partire da quello italiano, hanno visto nel turismo una possibilità di crescita economica e occupazionale. L’Europa, d’altronde, è una delle mete più gettonate anche per i turisti esteri, sapendo coniugare l’aspetto naturale, storico e dei servizi. Prima della pandemia di SarsCov-2, l’Europa arrivava ad accogliere 713 milioni di arrivi, che contribuivano in modo significativo al PIL e all'occupazione. Con la ripresa del turismo internazionale, nel 2023 si sono raggiunti picchi superiori a quelli pre pandemia.
Questo ha portato, come dimostra l’esempio di Barcellona, a un dibattito tra politici e amministratori, ricercatori e opinione pubblica riguardo al fenomeno dell’overtourism.
Su questo aspetto è stato recentemente pubblicato un paper all’interno del progetto di ricerca Grins. Angela Stefania Bergantino, professoressa ordinaria all’Università degli Studi di Bari Aldo Moro e coautori hanno contribuito alla letteratura con un’analisi che ne mostra le varie sfaccettature.
La ricerca è stata citata anche nell’articolo di Marco Brando “Quali soluzioni per l’overtourism?” pubblicato su Treccani Atlante, sottolineando come l’Italia, pur essendo una delle principali destinazioni turistiche in Europa, rischi di subire gli effetti negativi di un turismo incontrollato. In questo contesto, lo studio offre un contributo significativo, proponendo un approccio innovativo per individuare le località più vulnerabili all'overtourism, come evidenziato nel caso della Puglia.
Partiamo dalla definizione di overtourism. Il fenomeno è stato trattato in letteratura fin dagli anni ‘60, con autori che sottolineavano gli effetti negativi del turismo. Negli anni ‘80 ci si è orientati sempre di più verso l’idea di considerare la capacità di carico turistico (carrying capacity) dei singoli luoghi.
In particolare, la ricerca si concentrava sul numero di visitatori che, una volta superato, avrebbe portato a conseguenze avverse sulle località visitate, in particolare riguardo agli effetti sulla popolazione residente. Questo ha portato all’introduzione dell’indicatore di Tourist Carrying Capacity (TCC), utile a individuare il livello-limite al di sotto del quale il fenomeno turistico non genera effetti negativi. Questo dipende dal mix di vari fattori di tipo economico, sociale e ambientale. Ad esempio, un elevato afflusso di turisti nello stesso periodo può avere riflessi sull’inflazione, come si è verificato in Svezia in conseguenza del The Eras Tour di Taylor Swift, o sulla possibilità dei residenti di affittare o acquistare un’abitazione. Questo rischia di esacerbare le disuguaglianze sociali, in molti casi già presenti, nel territorio.
Il fenomeno è strettamente collegato al calo dei prezzi del trasporto aereo che ha permesso a molte più persone di viaggiare, ma che allo stesso tempo comporta non pochi problemi dal punto di vista ambientale.
Proprio in virtù di queste problematiche associate al fenomeno è necessario che la ricerca individui, grazie alla mole di dati estremamente granulari che oggi si possono avere a disposizione, quali sono le località più vulnerabili in termini di overtourism. Dati di questo tipo sono essenziali per definire qualsiasi strategia di intervento puntuale e localizzata che consenta di mitigare gli effetti e favorire forme più sostenibili di turismo.
Questo è proprio il cuore dell’articolo pubblicato da Bergantino, Buongiorno e Intini. Lo studio ha adottato un approccio innovativo e multidimensionale, vista la natura sfaccettata e complessa del fenomeno, che include, oltre alla considerazione dell’ impatto ambientale, anche fattori come l'intensità del trasporto aereo, il valore economico generato dal turismo, la diffusione degli affitti a breve termine e la vicinanza a siti UNESCO.
La prima parte dell’analisi si basa sulla costruzione di un indice, detto Indice Sintetico di Pressione Turistica (TPSI), per varie località mediterranee, costruito su basi di dati Eurostat relative al numero di pernottamenti, al tasso di crescita del turismo e ai picchi stagionali. Attraverso questo indice, si è potuto individuare nella Puglia una regione particolarmente a rischio, proprio perché i valori di tutti e tre gli indici presi in considerazione sono oltre il valore mediano della distribuzione. La regione ha infatti visto un incremento notevole del turismo negli anni della ripresa post-Covid, con una crescita rispetto agli anni precedenti seconda dietro solo alla Sardegna. A giocare un ruolo fondamentale è stato l’aumento del traffico aereo diretto verso la regione.
L'analisi si è poi concentrata a livello dei singoli comuni pugliesi, utilizzando una serie di indicatori specifici per valutare il rischio di overtourism. In particolare, sono stati considerati, a partire da dati comunali (indicati con la lettera C), provinciali (lettera P), regionali (lettera R):
I dati raccolti hanno permesso una classificazione per quintili, quindi in una scala da 1 a 5, del rischio di overtourism. L’analisi ha mostrato un’elevata eterogeneità delle 15 mete più importanti della regione Puglia: sono in particolare le mete di dimensioni minori quelle più esposte. Questo perché centri come Bari, Lecce e Monopoli possono far leva su una maggior diversificazione economica che non le rende eccessivamente dipendenti dal turismo.
Lo studio ha inoltre rivelato che gli affitti brevi hanno contribuito a esacerbare i problemi riguardanti l’accessibilità degli alloggi, esasperando le tensioni tra residenti e turisti. Un altro fattore cruciale è la vicinanza ad aeroporti internazionali: questi infatti permettono un maggior afflusso di persone, esponendo maggiormente al rischio di overtourism.
Di particolare importanza, riguardo all’aspetto economico, è proprio la dipendenza delle zone dal turismo, che in certe aree ha già superato livelli di guardia: se è vero che l’economia turistica porta benefici evidenti, è altrettanto vero che rende le località ad alta frequentazione di visitatori particolarmente esposte alle oscillazioni del numero di turisti in arrivo, come si è ben visto in periodo di Covid-19.
La crescente dipendenza dal turismo è un fattore di cui è necessario tener conto nelle politiche locali e territoriali. Per questo, sottolineano gli autori, è indispensabile pensare a modelli quanto più sostenibili e resilienti possibile di economia turistica, in grado di bilanciare il benessere economico con gli aspetti sociali e ambientali.
Alla luce di quanto detto, è più che opportuno che gli effetti negativi del turismo di massa entrino nell’agenda di legislatori e amministratori. E’ urgente cercare di ridistribuire i flussi sia nello spazio sia nel tempo, ad esempio promuovendo il turismo in bassa stagione, diversificando l’offerta e introducendo meccanismi di prezzo per contenere l’afflusso nei periodi critici. Servono strategie mirate per incentivare i soggiorni più lunghi, ridurre l’impatto del turismo “mordi e fuggi” e migliorare la qualità dell’esperienza, sia per i turisti sia per i residenti.
Un ulteriore nodo è rappresentato dalla crescita degli affitti brevi, che in molte città interne ha contribuito al rincaro degli alloggi e all’espulsione dei residenti dai centri storici. Servono regolamenti più stringenti, strumenti fiscali mirati e una pianificazione urbana che tenga conto del diritto all’abitare. La prossimità agli aeroporti, infine, espone alcune aree a un turismo di massa alimentato dal traffico low-cost: per contrastarlo è utile incentivare la scoperta di mete alternative, meno esposte alla saturazione.
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