Pubblicato il: 3-6-2024
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Il problema della programmazione economica e territoriale è la sempre maggiore distanza tra il bisogno di politiche a lungo termine e la tendenza ad agire per ottenere consenso sul breve o brevissimo periodo.
Per cercare di porre argine a questa situazione è decisivo raccogliere e sistematizzare dati, mettere in campo strumenti interpretativi della realtà molto più sofisticati di quanto non avveniva anche solo fino a pochi anni fa. Strumenti che siano in grado di supportare delle politiche territoriali lungimiranti, coordinate e organiche.
Ne abbiamo parlato con Angela Stefania Bergantino, professoressa ordinaria di Economia applicata all’Università degli studi “Aldo Moro” di Bari, dove coordina le attività dello Spoke 7 di Grins, che ha sede presso il Dipartimento di Economia, Management e Diritto d'Impresa ed è dedicato alla comprensione e alla promozione della sostenibilità, all’incremento dell’attrattività e alla resilienza dei territori.
Come è organizzato lo Spoke 7? Su quali temi di ricerca contate di concentrarvi?
Abbiamo tre linee di ricerca, ognuna delle quali è supportata da uno specifico laboratorio. La prima linea di ricerca, o Work Package, è dedicata a comprendere e monitorare l'attrattività e la resilienza dei territori in termini di infrastrutture e servizi (“Measuring and monitoring infrastructures and services’ gaps”).
Il tema della resilienza è complesso: è stato sviluppato da ambiti disciplinari molto diversi e da settori accademici disparati. Abbiamo deciso di affrontarlo attraverso il concetto di “capacità territoriale”, cioè attraverso lo studio di quelle caratteristiche di un territorio che consentono di rispondere, e dunque resistere, a uno shock. Per tale tipo di “comportamento”, un territorio si avvale di un insieme complesso di beni materiali e immateriali che sono stati accumulati nel tempo e vengono sfruttati per generare valore, ma che possono essere anche mobilitati per proteggere dalla perdita di valore, ad esempio nel caso di una situazione avversa che si manifesta in un arco di tempo molto ridotto.
Da questa prospettiva sulla resilienza territoriale riuscite a tenere assieme sia fattori economici sia fattori di natura diversa?
Assolutamente sì: il nostro lavoro si basa proprio sull'idea che i fattori "hard” – che sono più facilmente quantificabili, come le infrastrutture, sia fisiche sia digitali – interagiscono con fattori "soft e intangibili" – come la coesione e l'inclusione sociale, l'ambiente, la mobilità, la capacità di fare impresa, il patrimonio culturale e turistico, etc.
Solo un’analisi che parta da questa complessa relazione può aiutare a individuare tanto gli elementi che determinano la vulnerabilità di un territorio – ad esempio la vulnerabilità ambientale in termini di dissesto idrogeologico, di rischio di impatto sulle infrastrutture, etc. —, quanto quei fattori che determinano la capacità di un territorio di reagire e resistere, come ad esempio il patrimonio insediativo, le “infrastrutture del quotidiano” (strutture scolastiche, della salute urbana e territoriale, le reti di mobilità, il tessuto delle imprese, ecc), la rete sociale.
Nel concreto come avete programmato di lavorare?
Il Knowledge Center for Territorial Data (KCTD), che supporta il Work Package 7.1, ha identificato, tramite il concetto di “capitale territoriale” e le sue quattro categorie di capitale economico, umano, fisico e sociale, un set completo di indicatori che usiamo per misurare gli aspetti chiave della resilienza e dell'attrattività dei territori. I dati per il calcolo degli indicatori selezionati sono in fase di raccolta da fonti pubbliche, tra cui l'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), il Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF), l'Istituto Italiano per l'Ambiente e la Tutela del Territorio, ma anche dati raccolti da fonti satellitari e dal web. Per studiare la sostenibilità dei territori, i dati, infatti, devono essere quanto più disaggregati e granulari possibile ma, mentre è più facile indagare il livello regionale e provinciale, passare alla scala comunale e, addirittura, infracomunale, è una grande sfida.
L’obiettivo, entro i primi dodici mesi della ricerca, è stato definire le linee guida per un cruscotto digitale che renda conto degli indicatori riferiti a diversi territori – prevalentemente comunali –, che ne metta in luce caratteristiche, diversità, ripartizioni e diseguaglianze interne.
Il cruscotto darà visibilità sia alla distribuzione spaziale degli indicatori sia alla loro variazione lungo la scala temporale. L’interattività garantisce la possibilità di rispondere alle possibili richieste di approfondimento dei decisori pubblici o, comunque, dei soggetti pubblici e privati interessati.
Questo output della ricerca dello Spoke 7 è anche propedeutico al lavoro della seconda linea di ricerca – quella del Work Package 7.2 – dedicata allo sviluppo di modelli per la previsione ex-ante e la valutazione ex-post dell'impatto degli investimenti in infrastrutture e servizi e dei progetti per la mobilità e l’accessibilità sostenibile alle diverse aree del Paese (“Infrastructures and smart & sustainable mobility”).
Si fa in effetti un gran parlare, anche nel discorso pubblico, di mobilità intelligente, creativa, etc. A che punto è la ricerca in questo campo?
La ricerca in questa direzione sta avanzando a una velocità fino a pochi anni fa impensabile, anche perché vi sono coinvolte strutture e istituzioni di natura diversa, non solo accademica. Dunque, considerando che per ogni ricerca la fase iniziale è quella della raccolta della letteratura scientifica sull’argomento, in questo caso l’operazione è assai più complicata, perché i contributi di carattere scientifico aumentano praticamente ogni giorno.
Come avete programmato il vostro lavoro su questo tema?
Innanzitutto dando vita a una struttura apposita, il Mobility Research Center (MRC) collocata fisicamente al Dipartimento di Economia, Management e Diritto d'Impresa dell'Università degli Studi di Bari, che, con il Laboratorio di Economia applicata (LEA), da me diretto, ha una consistente tradizione scientifica di livello internazionale proprio in questo specifico campo di ricerca.
Il centro – che si relaziona con colleghi delle altre università coinvolte nello Spoke e con realtà accademiche ed esperti di centri di ricerca e università straniere – si concentra sullo studio di soluzioni, politiche e strategie innovative verdi e digitali per migliorare l'accessibilità, la resilienza, la sostenibilità e l'attrattività dei territori e delle città.
È in corso una revisione comparativa di molte esperienze internazionali che trattano le condizioni di accessibilità sui territori e l'analisi comportamentale di utenti e consumatori, imprese e decisori. Queste ultime si basano sull’analisi di database esistenti e sul disegno di nuove raccolte dati che vogliono individuare gli schemi incentivanti più efficaci per la realizzazione di investimenti in forme di mobilità innovative, verdi e condivise. In particolare, i gruppi di ricerca di Bari e di Bologna stanno sviluppando un sondaggio basato su un campione rappresentativo per definire “indicatori di propensione alla mobilità integrata” per le principali città metropolitane.
Il tema del trasporto, di come incentivare e finanziare il passaggio dal trasporto privato a quello pubblico, oppure a quello condiviso (share mobility), sarà una delle questioni decisive nella vita delle città e nell’agire della politica e dell’amministrazione nei prossimi anni.
Avete un focus specifico sulla mobilità urbana?
Senza dubbio. Ci interessa in particolare perfezionare gli strumenti esistenti, e individuarne di nuovi: per la valutazione della sostenibilità in ambito urbano, e dunque per capire come promuovere il trasporto pubblico o condiviso, facendo anche fronte al rischio di esclusione di alcuni quartieri e alcune aree e/o fasce della popolazione rispetto alle politiche di decarbonizzazione delle città.
Il tema del trasporto, di come incentivare e finanziare il passaggio dal trasporto privato a quello pubblico, oppure a quello condiviso (share mobility), sarà una delle questioni decisive nella vita delle città e nell’agire della politica e dell’amministrazione nei prossimi anni.
D’altra parte, studiare la mobilità urbana astraendola dalle reti infrastrutturali e dalle pratiche di mobilità e di accessibilità dei territori più ampi non ha molto senso. E una delle chiavi per comprendere i meccanismi di attivazione della coesione territoriale è proprio studiare le infrastrutture di trasporto e la loro efficienza in termini sociali e di aumento della competitività, al fine di ridurre i divari territoriali.
Il nostro scopo è fare analisi approfondite per capire come valorizzare la aree interne e come valutare le politiche di coesione e sviluppo che si stanno mettendo in atto, ed i relativi finanziamenti di provenienza nazionale o comunitaria ad esse destinate.
Anche nella terza linea di ricerca c’è una forte integrazione tra unità universitarie e partner privati…
Per il terzo Work Package (7.3), “Area Specific Planning”, l’Università di Bari collabora con specifiche unità di ricerca dedicate del Politecnico di Milano, degli atenei di Napoli, Bologna, Venezia, Cagliari e Catania, con i quali si è dato vita a un laboratorio multidisciplinare sulle politiche territoriali, il Multidisciplinary Lab on Territorial Policies (MLTP), che sarà inaugurato al termine del secondo anno di attività e sarà anche un luogo virtuale nel quale si incontreranno i ricercatori delle diverse aree disciplinari e i principali portatori di interesse del settore pubblico e privato. Un “contenitore del confronto” con i decisori pubblici sul disegno, monitoraggio e valutazione delle politiche territoriali.
In questo ambito di attività dello Spoke 7, nel primo anno di lavoro, sono stati definiti alcuni quadri interpretativi a partire dalle tipologie territoriali individuate dalla ricerca. A tale operazione sta seguendo la costruzione di banche dati integrate e dialoganti per definire le caratteristiche, le dimensioni e le dinamiche dei territori italiani attraverso le categorie di Italia metropolitana, Italia interna, Italia di mezzo. A queste si è aggiunta una quarta categoria – che viene trattata a livello trasversale in quanto contenente tutte le categorie individuate – quella dell'Italia insulare.
È stata quindi delineata una suddivisione preliminare delle diverse tipologie territoriali dell’Italia in tredici classi, allo scopo di suddividere e studiare meglio i singoli territori. Tale complessità non è frutto di una speculazione teorica ma proviene dalla considerazione della grande articolazione territoriale del nostro Paese, che è soggetto ad alcuni macro-cambiamenti territoriali: la crescente polarizzazione di alcuni sistemi territoriali, la conseguente marginalizzazione di altre porzioni di territorio e i cambiamenti del policentrismo urbano.
Contiamo che le ricadute di questa parte dello studio possano aiutare a comprendere la realtà delle cosiddette “aree interne”, cioè di quei territori che più degli altri sono soggetti al rischio di depauperamento, o dove sono già presenti fenomeni di impoverimento demografico ed economico. Il nostro scopo è fare analisi approfondite per capire come valorizzare la aree interne e come valutare le politiche di coesione e sviluppo che si stanno mettendo in atto, e i relativi finanziamenti di provenienza nazionale o comunitaria a esse destinate.
Sempre nell’ambito dello studio della pianificazione territoriale, abbiamo avviato specifiche ricerche sulle ZES, le Zone Economiche Speciali che sono state attivate in alcune regioni dal DPCM 25 gennaio 2018, per comprendere quali sono state a tale riguardo le scelte delle aziende e l’efficacia degli strumenti utilizzati, anche alla luce della recentissima riforma che ha creato la ZES unica per il Mezzogiorno. Su questo tema, SRM, uno dei partner privati dello Spoke 7, in collaborazione con le università coinvolte e in particolare l’Università di Bari, sta raccogliendo e sistematizzando dati ed elementi di valutazione.
Sul problema della coesione territoriale e delle aree interne il PNRR è intervenuto a fondo. Quali sono le prime valutazioni sull'incidenza di tale intervento, se ve ne sono, e come vi sono coinvolte le amministrazioni locali?
I comuni sono stati coinvolti a fondo per l’attuazione del PNRR. Dovrebbero ricevere qualcosa come 41 miliardi di euro, il 23 per cento delle risorse programmate, e i primi dati relativi al 2023 mostrano che sono più avanti nella capacità di spesa, ad esempio, di regioni e ministeri, però con delle differenze sostanziali.
Fino adesso, i comuni delle regioni centrali e del Mezzogiorno hanno avviato un numero inferiore di procedure del PNRR rispetto alle amministrazioni del Nord e del Centro (39% al Nord, 32% al Centro e 31% al Sud) e, soprattutto, stanno passando più lentamente alla fase di aggiudicazione dei lavori previsti.
Come evidenziato dal lavoro di ricerca già avviato dai ricercatori dell’Università di Bari il problema viene da lontano: è la capacità di spesa in conto capitale che è molto bassa, soprattutto nelle aree interne del Sud, e questo dipende dall’efficacia amministrativa di queste realtà. Bisognerebbe puntare, ad esempio, sulle unioni di comuni, che potrebbero porre rimedio al problema cronico della scarsa capacità progettuale e alla bassa efficienza procedurale degli enti locali più piccoli. Anche una più strutturata attività di supporto tecnico, di condivisione di best practice, oltre che di monitoraggio, può portare a miglioramenti significativi.
Bisognerebbe puntare, ad esempio, sulle unioni di Comuni, che potrebbero porre rimedio al problema cronico della scarsa capacità progettuale e alla bassa efficienza procedurale degli enti locali più piccoli. Anche una più strutturata attività di supporto tecnico, di condivisione di best practice, oltre che di monitoraggio, può portare a miglioramenti significativi.
Su temi collegati, il lavoro dell’Università di Cagliari sostanzia ulteriormente queste evidenze, indagando il ruolo svolto dal capitale pubblico sul livello produttivo delle regioni italiane, tenendo conto in particolare della qualità delle istituzioni. I risultati, già pubblicati nello scorso anno, mostrano che il capitale pubblico ha un effetto positivo e significativo sulla produzione ma che questo risulta avere un impatto inferiore nel Mezzogiorno rispetto al resto delle regioni italiane. Anche questi risultati hanno importanti implicazioni sulla gestione delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e del nuovo quadro di coesione dell’Unione Europea 2021-2027.
Sono tutti temi che incrociano uno dei settori economici più in espansione nel nostro Paese, ma che ha dimostrato negli ultimi anni, e non solo per causa della pandemia, una considerevole vulnerabilità: il turismo.
Ci proponiamo di curare con particolare attenzione tutte le risultanze che fanno riferimento o possono essere utili alla comprensione delle dinamiche del fenomeno del turismo, anche per territori che non ne dipendono particolarmente ma per i quali il turismo sostenibile potrebbe essere una soluzione economica e sociale valida.
A tal fine, nell’ambito del Work Package 7.3, le Università di Palermo, Bari e Cagliari stanno realizzando un sondaggio basato su un campione rappresentativo a livello nazionale di individui, per misurare il grado di soddisfazione dei turisti rispetto a diverse specifiche destinazioni. Al contempo si sta realizzando un approfondimento sulla percezione delle comunità locali nei confronti del turismo, finalizzato ad approfondire il tema dell’overtourism, le cui manifestazioni si stanno moltiplicando in alcuni territori e in moltissimi centri urbani, non solo nelle aree tradizionalmente turistiche. I risultati di questo sondaggio permetteranno di costruire un indicatore della “sofferenza turistica” dei territori.
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Il successo del Pnrr? Dipende dalla capacità di spesa dei comuni
Un articolo realizzato da Angela Stefania Bergantino e Francesco Porcelli, pubblicato su lavoce.info e qui riprodotto per concessione della redazione.
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2023
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Finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), Missione 4 (Infrastruttura e ricerca), Componente 2 (Dalla Ricerca all’Impresa), Investimento 1.3 (Partnership Estese), Tematica 9 (Sostenibilità economica e finanziaria di sistemi e territori).