Pubblicato il: 26-11-2024
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Ce lo dice il lavoro realizzato da Angela Stefania Bergantino, Mario Intini e Younes Nademi dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro che con un approccio multidimensionale hanno potuto misurare la povertà di tecnologie digitali, andando oltre i semplici indicatori di accesso a Internet comunemente utilizzati.
Gli studiosi hanno considerato vari aspetti della deprivazione digitale, tra cui la velocità di Internet limitata, l'infrastruttura a banda larga inadeguata e l'accesso diseguale agli strumenti digitali per attività essenziali come il banking online, i social network, e la ricerca di informazioni sanitarie. In questo modo sono riusciti a catturare l'ampia portata dell'esclusione digitale sia nei contesti sviluppati sia in quelli in via di sviluppo.
Lo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista “Telecommunications Policy” rileva una significativa associazione positiva tra la povertà di tecnologie digitali e la povertà assoluta, misurata dal rapporto tra la popolazione al di sotto della soglia di povertà e la popolazione totale. Ciò evidenzia come l'esclusione digitale possa ostacolare gli individui nell'accesso a opportunità educative, lavorative e di altro tipo, intrappolandoli in un ciclo di povertà. La ricerca è rilevante anche perché copre sia il contesto del Nord del mondo sia quello del Sud del mondo, consentendo un confronto tra le dinamiche di povertà e l'influenza delle tecnologie digitali in diverse realtà socioeconomiche.
Nei paesi europei, lo studio mostra che la povertà di tecnologie digitali aumenta significativamente il rischio di povertà o esclusione sociale in tutte le aree geografiche, comprese città, periferie/ paesi e aree rurali. E che quindi l'esclusione digitale possa limitare la partecipazione degli individui alla società e all'economia, aumentando la loro vulnerabilità alla povertà e all'esclusione sociale.
I governi dovrebbero continuare a investire nello sviluppo di infrastrutture digitali robuste, in particolare nelle aree rurali e marginalizzate, e fornire programmi di formazione per migliorare le competenze digitali della popolazione - sottolinea la prof. Angela Stefania Bergantino. Si dovrebbe integrare il tema dell'inclusione digitale nelle politiche sociali, garantendo che i servizi pubblici siano sempre accessibili online e che i gruppi vulnerabili ricevano il supporto necessario per partecipare a questo genere di servizi.
In linea con la letteratura di riferimento, sono stati utilizzati modelli econometrici di tipo panel (sia a effetti fissi che random). Inoltre, come test di robustezza, anche per tenere conto di potenziali problemi di endogeneità, è stato utilizzato il Generalized Method of Moments (GMM).
Da queste evidenze – afferma Mario Intini - si arriva a importanti implicazioni per il disegno delle policy. Perché ne deriva che le politiche volte a ridurre la disuguaglianza digitale, spesso definita "divario digitale", sono più efficaci nell'alleviare la povertà rispetto alle politiche che si concentrano esclusivamente sulla promozione dello sviluppo delle stesse tecnologie. Questo risultato ha quindi importanti implicazioni, suggerendo che gli sforzi dovrebbero essere diretti prima di tutto a garantire un accesso equo alle tecnologie digitali e alle competenze digitali per tutti gli individui.
In definitiva, il quadro teorico dello studio amplia la prospettiva degli studi sulle disuguaglianze integrando il modello Povertà-Crescita-Disuguaglianza (PGI) formulato da François Bourguignon nel 2004. Il modello originale di Bourguignon mette in evidenza le relazioni e le influenze reciproche tra i fenomeni di povertà, crescita economica e disuguaglianza. Secondo Bourguignon, la crescita economica può ridurre la povertà, ma i suoi effetti dipendono molto dal livello di disuguaglianza. Maggiore disuguaglianza può limitare i benefici della crescita economica per i poveri, mentre una distribuzione più equa può amplificarne gli effetti positivi.
Nella ricerca di Bergantino, Intini e Nademi si aggiunge al modello l'influenza delle Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione (ICTs) riconoscendo quindi il ruolo centrale che queste tecnologie svolgono nel modellare i rapporti tra crescita economica, povertà e disuguaglianza.
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