Pubblicato il: 5-12-2024
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In Italia, e in particolare nel Mezzogiorno, il settore agroalimentare rappresenta un pilastro economico fondamentale, sia per il contributo all’occupazione che per il valore aggiunto generato. Questo comparto si distingue anche a livello europeo, essendo uno dei protagonisti della Smart Specialization Strategy (S3), attuata a livello regionale per promuovere l’innovazione e la crescita competitiva dei sistemi produttivi locali.
Dai risultati preliminari della survey, emerge come il cambiamento climatico sia percepito come una sfida cruciale da nove imprese su dieci. Tra i rischi più temuti spiccano quelli legati agli eventi climatici estremi, come alluvioni e siccità (“rischi fisici acuti”). Per un’azienda su quattro, questi eventi rappresentano una minaccia significativa per la continuità del business. Seguono i rischi legati a cambiamenti graduali, come l’aumento delle temperature o la perdita di biodiversità (“rischi fisici cronici”), e quelli associati alle nuove politiche ambientali, che richiedono alle imprese di adattarsi a normative sempre più stringenti (“rischi di transizione”).
Negli ultimi anni, le aziende hanno iniziato a investire per affrontare i rischi legati al cambiamento climatico, con particolare attenzione alla riduzione del rischio fisico, che ha interessato il 23,2% delle imprese intervistate. Molte imprese, infatti, sono intervenute nel 2021-23 per ridurre gli sprechi d’acqua (61,3% di chi ha investito per ridurre il rischio fisico), proteggersi dai danni fisici causati da eventi estremi (51,6%) e adottare modelli di business più sostenibili (25,8%). Le imprese che hanno investito per ridurre il rischio di transizione, invece, rappresentano il 16,3%, che investono soprattutto in energie rinnovabili e tecnologie per migliorare l’efficienza energetica (oltre il 55% delle investitrici). Guardando al futuro, il periodo 2024-2026 potrebbe segnare un’accelerazione degli investimenti, che vedrà ancora il primato degli investimenti per ridurre il rischio fisico.
Come commenta Lucrezia Macigno del Centro Studi Tagliacarne
Come ricercatrice del progetto GRINS, ho trovato interessante trovare nei dati d’indagine conferma della pervasività dell’impatto del cambiamento climatico, che sta rendendo più complessa l’attività d’impresa per nove aziende su dieci. Ciò sta spingendo le imprese ad investire sempre più per ridurre i rischi legati a tale fenomeno, aumentando la quota di energie rinnovabili utilizzate, migliorando l’efficienza energetica, riducendo gli sprechi d’acqua e proteggendosi dai danni fisici.
Ma nonostante l’attenzione crescente verso la sostenibilità, non mancano le difficoltà. I costi elevati, la complessità nell’ottenere incentivi pubblici e la limitata disponibilità di risorse interne sono tra i principali ostacoli segnalati dalle aziende. Questi fattori frenano le imprese, che spesso non riescono a sfruttare appieno le opportunità offerte dai finanziamenti green.
Anche l’innovazione digitale gioca un ruolo chiave nella transizione verde. Tuttavia, l’adozione di tecnologie digitali è ancora limitata per le PMI alimentari delle regioni del Sud del nostro Paese. Le piattaforme online sono lo strumento più utilizzato, mentre tecnologie avanzate come la robotica e la realtà aumentata stanno appena iniziando a guadagnare terreno.
L’intelligenza artificiale, pur essendo adottata solo dal 4% delle imprese nel periodo 2021-2023, è destinata a crescere: entro il 2026, quasi il 10% delle aziende potrebbe utilizzarla per ottimizzare i processi produttivi e migliorare il controllo qualità. Si tratta di un’evoluzione che, se supportata da adeguati incentivi, potrebbe portare benefici significativi anche per la transizione verde.
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