Pubblicato il: 10-4-2024
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Lo spoke da lei coordinato si occupa di investigare la sostenibilità delle famiglie agli shock, andando a studiare varie componenti che possono influenzarle - dalla domanda di servizi sanitari alla formazione di capitale umano, passando per i mercati finanziari. In che modo terrete conto di queste varie componenti nel lavoro dello Spoke 3?
La premessa da fare è anche il punto di partenza dello Spoke 3 e dell’analisi sulla sostenibilità economica delle famiglie che portiamo avanti: individui e famiglie sono, come dice lei, soggetti a numerosi shock e le loro risorse economiche - come il reddito o i salari - cambiano di anno in anno, influenzando poi i consumi.
Il nostro lavoro parte l’analisi delle fonti di questi cambiamenti e delle risposte ad essi, sia ex ante - cercando di capire che cose le persone possono fare prima che questi eventi si verificano - sia ex post, considerando ciò che famiglie e individui fanno dopo che si verificano questi eventi.
Parliamo delle fonti di rischio e cambiamento per le famiglie. Quali le categorie principali?
La prima categoria riguarda i fattori che impattano il mercato del lavoro: una persona può entrare in uno stato di disoccupazione, il suo stato di salute può deteriorarsi, possono intervenire anche questioni più personali, come un divorzio che può causare un cambiamento della produttività. Ci sono poi fattori, sempre sottostanti al mercato del lavoro, che riguardano la remunerazione dei fattori produttivi, come dicono gli economisti, e cioè fattori di carattere tecnologico, vincolati anche a sviluppi a livello internazionale. Altri problemi riguardano la scarsa aderenza delle persone nei confronti delle imprese. Tutto questo va sotto il grande cappello di rischi legati al mercato del lavoro.
Il secondo gruppo di rischi riguarda invece ciò che accade nei mercati finanziari e nei mercati reali: si pensi per esempio alla recente crisi inflazionistica, che ha toccato dei picchi mai raggiunti nel nostro Paese negli ultimi 30 anni, erodendo la capacità di acquisto delle famiglie. La volatilità dei mercati finanziari, manifestata attraverso le oscillazioni nei valori delle azioni che hanno registrato rendimenti eccezionali negli ultimi due anni ma hanno altresì provocato significative perdite patrimoniali in altri periodi, rappresenta una dinamica cruciale nell'economia delle famiglie. Tale volatilità è evidente non solo nelle fluttuazioni dei prezzi dei titoli azionari ma anche nei movimenti dei valori immobiliari. Questi fenomeni costituiscono una seconda categoria di shock economici, che possono determinare variazioni sostanziali nella composizione e nel valore del patrimonio familiare.
Poi ci sono fattori legati alla salute. Esistono degli shock definibili come temporanei e un esempio è fornito dalla recente pandemia: quando una persona contraeva il virus, non poteva lavorare. Ma, dopo il decorso della malattia, rientrava a far parte della forza lavoro. Altri invece purtroppo sono shock di natura permanente: per esempio le disabilità che impediscono il lavoro. Ovviamente questi shock possono influire sulle finanze di una famiglia.
Ci sono poi i problemi legati all'ambiente: l'abbiamo visto l'anno scorso in Emilia Romagna. I rischi legati agli eventi climatici estremi stanno aumentando e saranno ancora più cruciali in futuro.
Infine le risorse di una famiglia o di un individuo cambiano nel corso dell'anno per via della politica fiscale e monetaria. Per citare un esempio pratico, pensiamo alla riforma del Reddito di Cittadinanza. Una tale riforma ha sicuramente influito sulle finanze di una famiglia.
Lo Spoke 3 studia le risposte a questi shock: da una parte quelli ex ante - cioè quelle di precauzione, dall’altra quelle ex post - ovvero ciò che famiglie e individui fanno dopo che si verificano questi eventi.
Il tema fondamentale appare strettamente legato alla resilienza, quindi.
Esatto, la resilienza. È una parola che oggi va molto di moda. Ma non è da intendersi come sinonimo di vulnerabilità, come spesso sembra passare nell’opinione pubblica: piuttosto, per semplificare, la intendiamo come capacità o l'abilità di un individuo, di un'impresa o di uno Stato di far fronte agli shock e di riprendersi tornando in un equilibrio. Per affrontare la questione lo Spoke intende contribuire all’approvvigionamento della piattaforma dati Amelia integrando analisi per misurare questi fenomeni.
Uno dei compiti del Work Package 3.1 è di fornire dati dettagliati sullo stato di salute, assieme ad altre caratteristiche socio demografiche, a un livello estremamente granulare. Sarete in grado di fornire una mappa aggiornata della domanda di servizi sanitari? E perché questo è utile?
C'è un doppio legame tra lavoro e salute, con meccanismi di causalità che sono duplici. Da una parte le condizioni economiche e lavorative possono influenzare la salute, pensiamo ad esempio agli infortuni sul lavoro. Ma è di fondamentale importanza anche comprendere la causalità opposta, cioè gli effetti che lo stato di salute ha sulla capacità di lavoro.
Grazie alla disponibilità dei medici di base - che sono il primo punto di contatto tra individui e famiglie - stiamo raccogliendo dati sulla salute degli individui. Questo ci permette di fare un vero e proprio censimento della domanda dei servizi sanitari che avviene in Italia, per esempio per quanto riguarda accertamenti di laboratorio e diagnostici, ma anche le visite ambulatoriali, la quantità delle visite domiciliari dirette, di quelle indirette, delle visite di controllo e specialistiche; inoltre le spese correlate a queste prestazioni.
Poi c’è il lavoro svolto dal Servizio Sanitario Nazionale su cui si possono raccogliere altri tipi di dati. Parliamo di indicatori come la prevalenza o l'incidenza di certe malattie, ad esempio del diabete o dei disturbi della tiroide oppure dei disturbi mentali, della depressione e così via. Questo è utile perché ci permette e ci permetterà anche di mettere in relazione questi dati con la qualità del servizio sanitario, e tentare di rispondere a una domanda cruciale: qual è la qualità dei servizi che sono erogati? Inoltre saremo in grado di mettere in relazione questo con il problema dell’impiego. Pensiamo al caso tristemente noto di Taranto: aver lavorato per l’Ilva che ricadute ha avuto sulla salute dei lavoratori? A livello più generale inoltre si potrà mettere in relazione i dati ottenuti dal Servizio Sanitario con indicatori del mercato del lavoro.
Naturalmente, obiettivo primario dello Spoke 3 è di inserire questi dati sulla già citata piattaforma Amelia e di aggiornarli periodicamente, per comprendere se ci sono state variazioni.
La vostra ricerca è di tipo applicato: cercate di coordinare vari dataset a un elevato livello di granularità. In che modo verranno analizzati questi dati? Di che tipo di dati si occuperà lo Spoke 3?
Lo Spoke 3 usa due tipi di dati. Dati di tipo amministrativo, che sono già esistenti, per esempio nelle amministrazioni pubbliche, ma non sono studiati o non sono accessibili, come quelli già citati dei medici di base, ma anche dati dell’Agenzia dell’Entrate o di grandi imprese. Di vitale importanza sono anche le evidenze provenienti dalle nostre università, cioè le università stesse che fanno parte del progetto Grins. Ciascuna possiede molti dati da fonti amministrative che non sono raccolti per scopi scientifici o di ricerca o conoscitivi, ma unicamente a scopo amministrativo. Questo tipo di dati sono di vitale importanza per la nostra ricerca.
Non solo: quando questo progetto sarà concluso, dopo tre anni, ci sarà la possibilità di integrare i dati dai vari atenei e porsi domande del tipo: seguire un certo corso di laurea aiuta nel mercato del lavoro oppure no? Fare un programma Erasmus aiuta nel mercato del lavoro oppure no? In che misura? Come confrontare le diverse lauree?
Il secondo tipo di dati provengono da indagini che lavoriamo noi stessi. Si tratta di survey svolte su individui e famiglie, commissionate a delle agenzie specializzate che ci aiutano nella raccolta e che successivamente noi analizziamo per rispondere a domande su vari temi: ad esempio il comportamento degli studenti delle scuole secondarie e all’università ma anche il comportamento di famiglie che hanno bambini piccoli e in età scolare.
Rimanendo sulle evidenze dalle università: sappiamo che l’Italia soffre di una carenza cronica di laureati, tanto che nonostante il trend crescente restiamo agli ultimi posti in Europa per numero di laureati. Tra le possibili spiegazioni ci sono lo scarso assorbimento delle aziende del territorio, che spesso sono piccole e non possono permettersi investimenti in innovazione o capitale umano e un problema di mismatch nel mercato del lavoro. Nella vostra ricerca come vi occupate delle scelte dei giovani liceali nei confronti dell’università e del loro inserimento nel mondo del lavoro? Come fate a studiare le caratteristiche demografiche che lo influenzano e l’impatto sulle scelte di istruzione che hanno i loro coetanei?
C’è un fatto siginificativo su questo aspetto che vale la pena citare. Tra i nostri partner principali c’è Banca Intesa, che è una delle più grandi banche italiane. Eravamo convinti che il contributo dei ricercatori di Banca Intesa si sarebbe indirizzato verso temi di carattere finanziario. Invece, Banca Intesa ha scelto di contribuire all’attività dello Spoke proprio con ricerche sullo skill mismatch. Secondo la Banca - e non è la sola a pensarlo - il problema delle competenze all’interno del mercato del lavoro è tra i fattori di maggior interesse per le imprese, che sono alla ricerca di personale qualificato.
In concreto, che cosa facciamo? Il problema dello skill mismatch è ampio e variegato, quindi lo Spoke3 e il progetto Grins possono cercare di soffermarsi solo su alcuni aspetti. Ne cito alcuni che sono appunto collegati a quanto detto prima. Il primo riguarda gli incentivi che i nostri laureati hanno quando vanno all’estero in quella che prende il nome di “fuga di cervelli”. Un altro progetto è quello riguardante gli studenti dei licei di cui cerchiamo di indagare le motivazioni che li spingono a scegliere un determinato percorso universitario, dietro cui si celano di certo dei fattori caratteriali, ma anche stereotipi.
Grazie a questi dati, si cerca di vedere se le aspettative che gli studenti hanno si concretizzano. Perché se è vero che esiste un problema di skill mismatch dal lato delle imprese, esiste anche il problema dal fronte opposto, cioè di studenti che svolgono lavori per cui non sono adeguati o soddisfatti. Ciò si ripercuote sulla produttività.
Le differenze di genere sul mercato del lavoro sono un aspetto complesso del panorama italiano: da una parte il gender pay gap è tra i più bassi d’Europa, ma per occupazione femminile siamo tra i fanalini di coda, soprattutto se poi si guarda la distribuzione di ruoli dirigenziali e non anche in settori prettamente femminili come il settore pubblico. Vi sono delle ricerche che riguardano la questione di genere?
È vero che il gender pay gap in Italia non è enorme rispetto ad altri paesi, ma è vero allo stesso tempo che il tasso di occupazione femminile è effettivamente tra i più bassi d'Europa: il problema riguarda da una parte le possibilità di impiego e dall’altra il tema della child penalty. Poiché il lavoro domestico e di cura della famiglia è ancora sbilanciato nei confronti delle donne, questo si ripercuote sulla loro carriera lavorativa.
Ci sono varie ricerche nel nostro Spoke su questo tema. Vale la pena citarne una che il gruppo di Napoli porta avanti in collaborazione con l’Ortygia Business School, una fondazione privata che ha sede nell’isola di Ortigia, a Siracusa, che si occupa di stimolare l'imprenditorialità e la formazione di capitale umano nel Mezzogiorno. La ricerca in questione riguarda la valutazione di un programma di mentoring per ragazze, in particolare del mezzogiorno, provenienti da percorsi di studio STEM in cui le studentesse che prendono parte al programma vengono affiancate a imprenditrici provenienti da realtà d’impresa di rilievo.
L’importanza del progetto risiede nel fatto che tenta di trovare la collocazione giusta per le ragazze che sono iscritte ai corsi delle università del Mezzogiorno, dove il problema dell'occupazione è ovviamente più serio.
Si cerca poi di valutare se questo rapporto può avere benefici sia per la studentessa, che grazie al mentoring si può orientare positivamente al mondo professionale, sia per le imprese. Questo progetto è uno di quelli che presenta elevate possibilità di proseguire oltre la scadenza del finanziamento previsto dal PNRR.
Quali sono le principali difficoltà riscontrate nella ricerca e quali sono i prossimi passi che farete?
Il progetto Grins presenta sfide e opportunità significative. Identifico tre problemi principali che necessitano di attenzione. In primo luogo, la dimensione del progetto è di per sé una sfida complessa, richiedendo una gestione e una pianificazione accurata. In secondo luogo, i tempi di realizzazione sono critici; è fondamentale rispettare le scadenze stabilite per garantire il successo del progetto. Infine, affrontiamo notevoli difficoltà di natura burocratica, amministrativa e nella rendicontazione, che richiedono una navigazione attenta per evitare ritardi e complicazioni.
Nonostante queste sfide, il progetto Grins offre anche notevoli benefici, in particolare per il mondo accademico. La dimensione economica del progetto permette alle università di utilizzare risorse su una scala significativamente più ampia rispetto al passato, facilitando attività come survey, raccolta e armonizzazione di dati su larga scala. Questo rappresenta un'opportunità unica per affrontare questioni complesse con strumenti avanzati, promuovendo la ricerca e lo sviluppo in ambiti precedentemente inaccessibili.
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