Pubblicato il: 5-12-2024
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Uno studio di ricercatrici e ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, all’interno delle attività dello Spoke 2 di Grins, ha mappato gli approcci alla resilienza nell’Unione Europea post pandemia lavorando su sei paesi (Belgio, Croazia, Estonia, Irlanda, Italia e Repubblica Ceca).
La resilienza sanitaria, secondo l’Unione Europea, è definita dalla capacità di un sistema di anticipare e assorbire gli shock, ripristinare rapidamente le prestazioni ottimali, trasformare le proprie strutture e funzioni per rafforzarsi e ridurre la vulnerabilità a crisi future. Questa definizione, inizialmente orientata verso un approccio reattivo focalizzato sulla gestione del rischio, si è di recente evoluta verso una visione più proattiva e strategica, che guarda alla preparazione e alla capacità di adattamento come pilastri fondamentali.
Lo studio mostra, inoltre, che il concetto di resilienza e le misure ad esse associate cambiano in relazione alla fase della pandemia. Inizialmente, l’attenzione si è concentrata sul mantenimento dei servizi essenziali. Successivamente, i paesi hanno iniziato a misurare il livello di rafforzamento delle cure primarie e l’investimento negli strumenti digitali come soluzione per superare alcune problematiche connesse all’accesso ai servizi e alla sicurezza delle cure.
In particolare, i ricercatori e le ricercatrici hanno raggruppato le misure usate dai paesi europei per contrastare la pandemia di COVID-19 in sei dimensioni . La prima è la capacità di affrontare i bisogni insoddisfatti e mantenere i risultati, una prerogativa che garantisce la continuità dei servizi essenziali anche in situazioni di crisi, ripristinando rapidamente la normalità. Questo aspetto è misurato attraverso indicatori come i tempi di attesa per cure urgenti e l’accesso ai trattamenti necessari.
La seconda dimensione riguarda la protezione dei gruppi vulnerabili, come anziani e pazienti con patologie croniche, che hanno richiesto particolare attenzione durante la pandemia. Paesi come l’Estonia e l’Italia hanno implementato strategie mirate per garantire la copertura vaccinale e mitigare i rischi per queste categorie.
Un altro elemento cruciale è la gestione efficace delle risorse, che implica la capacità di acquisire e utilizzare in modo efficiente risorse finanziarie, tecnologiche e umane. Diverse nazioni hanno puntato su riforme strutturali per ottimizzare la distribuzione di farmaci e il potenziamento delle infrastrutture sanitarie.
Il benessere e la preparazione del personale sanitario rappresentano la quarta dimensione, essenziale per sostenere un sistema sanitario resiliente. Indicatori come la soddisfazione lavorativa, i tassi di assenteismo e il supporto psicologico sono stati centrali per valutare e migliorare la condizione del personale durante le fasi critiche della pandemia.
La quinta dimensione, emersa con forza durante l’emergenza sanitaria, è l’utilizzo della salute digitale. Strumenti come la telemedicina hanno accelerato la trasformazione dei servizi, permettendo di garantire la continuità delle cure e raggiungendo luoghi remoti o, nella fase di lockdown in cui vi è la sospensione dei servizi in presenza, la possibilità di erogare i servizi in sicurezza evitando i contagi. Paesi come Belgio e Italia hanno integrato queste soluzioni digitali nelle loro strategie di valutazione delle prestazioni.
Infine, il rafforzamento delle cure primarie si è rivelato un pilastro fondamentale per prevenire il collasso dei sistemi sanitari. Investire in accesso, coordinamento e continuità delle cure sul territorio si è dimostrato una strategia efficace per affrontare le crisi e garantire la tenuta del sistema nel lungo termine. Da questa lezione appresa dalla pandemia è derivata anche la canalizzazione dei finanziamenti sui servizi territoriali con l’obiettivo primario riassunto in “la casa come primo luogo di cura” e la prossimità delle cure come strategia della riorganizzazione dei servizi sanitari.
“Possiamo dire che alcuni paesi hanno imparato la lezione relativa all’importanza di introdurre degli indicatori capaci di misurare la resilienza anche in tempi di normalità. L’aspetto interessante è che le misure di resilienza cambiano in base alla fase di normalità-emergenza. Un aspetto cruciale è quello di saper riconoscere gli aspetti che, se rafforzati, possono produrre non solo maggiore efficienza ed efficacia nella fase di 'normalità' ma anche essere considerati come proxy di una migliore resilienza nel momento in cui avviene una nuova epidemia", commenta Milena Vainieri, responsabile del laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e autrice per la corrispondenza.
In questa prospettiva, accanto alle azioni tradizionali legate a una formazione specifica del personale per la gestione delle crisi (come le simulazioni) è importante rafforzare le cure primarie e l’uso delle nuove tecnologie perché permettono di fornire una risposta capillare sul territorio riducendo i contatti e gli assembramenti nei luoghi di cura. Dall’altro lato il rafforzamento delle competenze (anche di base) del personale che lavora nella long term care e in generale una protezione dei soggetti vulnerabili (come gli anziani ad esempio) sono elementi che aiutano a mitigare eventuali rischi legati alla diffusione delle infezioni.
“Un altro aspetto interessante che emerge dall’analisi che abbiamo condotto - continua Vainieri - è che il numero di paesi che ha introdotto misure specifiche per valutare la resilienza è limitato. Questo può essere dovuto alla difficoltà generale nel trovare e misurare la performance soprattutto se la resilienza viene considerata come un aspetto che deve essere affrontato solo da alcune specialità o dipartimenti con azioni specifiche . Quello che invece ci ha insegnato il COVID-19, come emerge anche dal nostro studio, è che la resilienza può essere affrontata meglio in contesti in cui vi è una rete di servizi dove la prevenzione e le cure primarie funzionano bene”.
Non tutte le misure identificate devono essere implementate tutte insieme. Infatti, la rilevanza delle dimensioni varia in relazione alla fase (normalità-crisi), alla diversità dei sistemi sanitari europei e al tipo di crisi che si deve affrontare. Inoltre, le risorse economiche, la governance, le infrastrutture (tecnologiche e non) e le specificità culturali sono elementi che possono influenzare l’efficacia delle strategie di resilienza. La classificazione proposta dallo studio rivede le dimensioni che da un punto di vista teorico sono state utilizzate dalle organizzazioni internazionali per la prepardness sulla base delle scelte empiriche più ricorrenti effettuate dai paesi europei evidenziando che la resilienza è un concetto dinamico.
Lo studio analizza le esperienze di sei paesi europei che hanno utilizzato alcuni indicatori per valutare la resilienza dei loro sistemi sanitari. L’obiettivo è capire come questi paesi hanno interpretato e misurato la resilienza , pertanto è un’analisi preliminare a quella del confronto delle performance a livello internazionale infatti, gli indicatori impiegati dai paesi, sebbene riguardino aspetti comuni, sono costruiti in modo differente.
Conclude la prima autrice dello studio:
”Per una valutazione comparata efficace, è necessario non solo condividere gli obiettivi, ma anche stabilire criteri omogenei per la classificazione e la raccolta dei dati. Il nostro studio sottolinea l'importanza di definire la fase della resilienza da misurare: prima della pandemia, durante la pandemia o dopo la pandemia. In particolare, prima della pandemia, molti indicatori già esistenti nei sistemi di valutazione delle performance sanitarie possono essere utili, ma è necessario includere una nuova prospettiva: riconoscere che l’efficacia delle cure primarie contribuisce direttamente a rafforzare la resilienza. Attualmente, l’attenzione è più focalizzata sulla gestione dei problemi quotidiani che sulla preparazione a potenziali crisi epidemiche o pandemiche. Durante la pandemia la crisi del COVID-19 ha dimostrato che i sistemi di misurazione possono adattarsi rapidamente, integrando indicatori come il numero di test effettuati e la copertura vaccinale, che sono stati utilizzati anche a livello internazionale. Infine, dopo la pandemia, gli indicatori di resilienza sono spesso legati alla capacità di recuperare uno stato di normalità”.
In questo contesto, l’istituzione della DG HERA (Health Emergency Preparedness and Response) a livello europeo rappresenta un passo significativo. HERA supporta i paesi europei nell’identificazione di azioni comuni e nella preparazione dei sistemi sanitari per affrontare future pandemie, offrendo anche l’opportunità di monitorare sistematicamente alcuni aspetti chiave nella fase di pre-pandemia.
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