Pubblicato il: 26-2-2024
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Si chiamerà AMELIA, ed è il cuore di Grins (acronimo che sta per Growing Resilient, INclusive and Sustainable), progetto nato in seno al Piano nazionale di ripresa e resilienza, lo schema per gestire i fondi europei post pandemia.
AMELIA si pone un obiettivo ambizioso: diventare il collettore di dati socio-economici del Paese, fissando l’asticella tecnica, giuridica e di governance in un territorio digitale ancora in larga parte inesplorato, soprattutto dal settore pubblico; un territorio dove, invece, gli attori privati transnazionali sono attivi da anni, e dettano il passo.
Una due giorni a Bologna ha fatto il punto sullo stato dei lavori, ormai giunti a metà del percorso. Nelle aule dell’Alma mater, prestigioso ateneo felsineo, il 19 e 20 febbraio si sono ritrovate le figure chiave del progetto avviato oltre un anno fa e che verrà completato entro il 2025.
Quarantotto ore che hanno mostrato come AMELIA comincia a prendere forma. Ma anche un’occasione di confronto per compiere il balzo necessario a plasmare un progetto digitale complesso e pionieristico: un unicum per l’Italia, cui sarà affidato il compito di sfruttare l’enorme patrimonio informativo esistente, e di traghettare il Paese nel cuore del ventunesimo secolo.
Perché, come è stato sottolineato a più riprese dai relatori, i dati sono la nuova valuta pregiata, e solo una loro gestione oculata può conferire slancio all’economia nazionale e valorizzare al contempo gli aspetti, ormai irrinunciabili, di sostenibilità e inclusività.
Ma facciamo un passo indietro. Grins è uno dei 14 partenariati estesi del Pnrr, un modello di collaborazione tra pubblico e privato che, spiega il ministero dell’Università e della Ricerca, permetterà “di passare direttamente dalla ricerca di base all’utilizzo dei suoi risultati e creare una nuova generazione di ricercatori”.
Quello che in gergo prende il nome di “trasferimento tecnologico”, così diffuso nel mondo anglosassone, e che in Italia risente di un pregiudizio antico che vuole l’accademia ben separata dall’industria.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza pone quindi al centro un approccio innovativo nel rapporto tra ricerca e impresa. Con una dotazione complessiva di 1,61 miliardi di euro, i partenariati affrontano le grandi questioni del nostro tempo: dall’intelligenza artificiale ai rischi ambientali, dalla cybersicurezza alle sfide dell’invecchiamento della popolazione per i sistemi pensionistici e di cura.
La missione di Grins, gestita dall’Università del capoluogo emiliano e la cui dotazione ammonta a 115 milioni di euro, è creare uno strumento per incentivare la “Sostenibilità economico-finanziaria dei sistemi e dei territori”; in altre parole, fornire una risposta dinamica e basata su un flusso informativo costante alle molteplici transizioni di questi anni, da quelle energetica alle migrazioni fino a quella delle catene di produzione, fornitura e logistica.
Presidente della Fondazione (nata per gestire il progetto e pensata per esserne la cabina di regia) è Matteo Cervellati, ordinario di economia nell’ateneo bolognese.
“Il nostro obiettivo è non solo quello di creare una piattaforma di valore – ha affermato Cervellati -, ma anche una fondazione che funzioni bene, e sia in grado di offrire servizi e dati di qualità, in maniera tale da sostenersi autonomamente attraendo risorse nel lungo periodo”.
La piattaforma sarà sviluppata dall’azienda barese Exprivia e potrà sfruttare la potenza di calcolo messa a disposizione dal consorzio interuniversitario Cineca (con sede a Casalecchio di Reno, nei pressi di Bologna), uno degli organismi più rilevanti dal punto di vista internazionale nell’high performance computing. Il Cineca gestisce il supercomputer Leonardo, tra le BEBAS NEUE più potenti al mondo.
Sono oltre 500 le persone coinvolte nel lavoro di ricerca. Nove i gruppi di lavoro (detti in gergo Spoke, “raggi”), ripartiti per aree tematiche, che affrontano tutti i grandi temi della transizione sostenible: dal disegno delle politiche del settore pubblico alla sostenibilità sociale e dei territori, dalle politiche di riduzione della CO2 alla finanza sostenibile.
A loro è assegnato il compito di cominciare a lavorare sui temi del partenariato esteso. Ogni Spoke è coordinato da una figura accademica facente capo a un ateneo o ente di ricerca nazionale, e suddivide il lavoro in un certo numero di Work Package. “Il ruolo degli Spoke è importante perché consente di accreditare con gli interlocutori la piattaforma, che fra sei mesi sarà in versione beta e potrà cominciare a offrire servizi agli stakeholder. Con la possibilità, fra non molto, di partecipare anche a bandi europei” chiosa Cervellati.
L’impresa è ciclopica. "Fino a non molto tempo fa si riteneva che l’aumento nel volume dei dati cui assistiamo in questi anni avrebbe automaticamente generato più conoscenza" – ha rilevato Stefano Menghinello dell’Istat, l’Istituto nazionale di statistica, parlando al convegno. "La realtà non si è dimostrata semplice come si pensava. Per estrarre conoscenza dall’ampia mole di dati disponibili è necessario, infatti, sostenere elevanti investimenti nella qualità dei dati. Ma si tratta di una strada obbligata per produrre informazioni rilevanti e corrette".
Il diktat è progettare un’infrastruttura solida e capace di resistere alle sfide del tempo. “La piattaforma deve risolvere il ventaglio dei problemi legati all’acquisizione e gestione dei dati by design, come si dice oggi: essere, cioè, in grado di venire alimentata con informazioni in maniera costante e senza intervento umano, garantendo l’affidabilità tecnica dei risultati che restituisce ma anche l’assenza di complicazioni di tipo giuridico” afferma Vincenzo Atella, ordinario di economia presso l’università di Roma Tor Vergata e vicepresidente della Fondazione Grins.
Ottenere la disponibilità dei data provider a condividere le informazioni, si tratti di ministeri o di agenzie del territorio, non è facile, e richiede un’operazione certosina di costruzione di relazioni volte a vincere le ataviche ritrosie alla cosiddetta interoperabilità: la possibilità, cioè, di scambiare facilmente dati tra organizzazioni.
Atella conferma che accordi in fase avanzata con importanti partner sono in corso d’opera. Tra essi, diversi dicasteri, con cui le intese verranno ufficializzate entro metà anno. I dati forniti dovranno, quindi, essere armonizzati, in modo da poter essere incrociati facilmente.
Ma la gestione di informazioni sensibili comporta una lunga serie di cautele. I dati devono essere opportunamente anonimizzati e offuscati nelle componenti sensibili; ne va resa impossibile la ricostruzione per arrivare al soggetto identificato, e tutto il percorso va, infine, tracciato in maniera da restituire output di valore certificato e immediatamente utilizzabili. Questioni, ça va sans dire, di non poco conto, che necessitano di una soluzione efficace innanzitutto a livello di progettazione.
Per AMELIA si sta valutando il ricorso a dati sintetici, cioè creati artificialmente sulla base di quelli reali, senza perdita di informazione e senza che sia possibile operare il processo inverso e ricostruire l’identità del soggetto descritto.
Centrale anche il tema della proprietà intellettuale del risultato delle elaborazioni: su entrambi i verticali giuridici sono attivi gruppi di lavoro cui è affidato il compito di creare un corpus pionieristico di regole, norme, procedure su fattispecie esistenti; ma, soprattutto, di provare a immaginare quelle del futuro.
Infine, dal momento che la piattaforma renderà disponibili svariate possibilità di elaborazione basate sull’intelligenza artificiale, si sta lavorando a uno strumento in grado di ricostruire i processi che avvengono nelle cosiddette black box, le “stanze digitali remote” dove operano gli algoritmi e che sono inconoscibili anche agli stessi sviluppatori: un limite nella tracciabilità dei processi in grado di rendere inutilizzabile il dato finale. “Con questo strumento, saremo in grado di ricostruire quello che possiamo definire il ragionamento della macchina, le inferenze che compie” dice Giampiero Rosa, responsabile del “Competence Center Data Platform e Data Integration” di Exprivia, “e quindi superare l’impasse”.
Manca oltre un anno e mezzo alla conclusione del progetto che porterà alla nascita di AMELIA. La due giorni bolognese ha fatto il punto sulle criticità ancora da risolvere, ma ha mostrato, soprattutto, un certo entusiasmo dei partecipanti. “Gli ultimi diciotto mesi saranno dedicati a ingegnerizzare le soluzioni” conclude Cervellati. Per quello che sarà il vero punto di svolta per la digitalizzazione delle politiche pubbliche dei prossimi decenni.
Fondazione GRINS
Growing Resilient,
Inclusive and Sustainable
Galleria Ugo Bassi 1, 40121, Bologna, IT
C.F/P.IVA 91451720378
Finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), Missione 4 (Infrastruttura e ricerca), Componente 2 (Dalla Ricerca all’Impresa), Investimento 1.3 (Partnership Estese), Tematica 9 (Sostenibilità economica e finanziaria di sistemi e territori).